Quanto spesso ci capita di sentir pronunciare la parola INNOVAZIONE? Che sia al telegiornale, in radio, durante una conversazione tra colleghi o amici, l’innovazione sembra essere ovunque.
Ma è davvero così? Si parla di innovazione perché è il davvero il trend del momento o si tratta solo di un termine abusato?
Stando a quanto affermato dalla Commissione Europea nel quadro europeo di valutazione dell’innovazione, l’Italia partecipa al vortice innovativo che coinvolge l’Europa come un innovatore moderato. Un posto in classifica meritato con sacrifico se pensiamo agli sforzi che le imprese italiane hanno retto e stanno ancora reggendo per fronteggiare contemporaneamente l’aridità del sistema economico degli ultimi anni e il bisogno di innovare per stare al passo con la concorrenza mondiale.
Le quattro categorie in cui si suddividono i Paesi dell’UE. Fonte: quadro europeo di valutazione dell’innovazione 2021.
L’analisi condotta dalla Commissione europea – European Innovation Scoreboard 2021 – è frutto della misurazione di quattro principali macro-indicatori quali condizioni strutturali, investimenti, attività innovative e impatti. Per ciascuno di questi sono definite 3 dimensioni dell’innovazione, per un totale di 32 indicatori analizzati.
Le parole della Commissaria per la Coesione e le riforme, Elisa Ferreira:
“L’innovazione è sempre più uno dei fattori decisivi per promuovere lo sviluppo e la convergenza in tutta l’Unione Europea. Sebbene questi importanti studi evidenzino i progressi compiuti in gran parte d’Europa, permane un notevole divario di innovazione, in particolare per le regioni meno sviluppate e periferiche. Affrontare il divario di innovazione è fondamentale per la coesione economica, sociale e territoriale. I fondi di coesione continueranno a promuovere strategie di innovazione intelligenti e basate sul territorio.”
In Europa circa i due terzi della crescita della produttività negli ultimi dieci anni, è figlia dell’innovazione. L’innovazione nei Paesi Europei è cresciuta di 12,5 punti percentuali dal 2014 e l’Italia è tra i Paesi che hanno registrato il maggior incremento, insieme a Cipro, Estonia, Grecia e Lituania, con una crescita superiore al 25%.
Non male, potremmo dire.
Ma continuiamo a leggere i dati: l’Italia guadagna un punteggio di 7.4 rispetto al valore medio europeo di 19.9, riferito all’esistenza di profili non-innovatori ma con potenzialità di innovare, mentre si avvicina alla media europea per presenza sul territorio di non innovatori perché non predisposti all’innovazione.
Quali sono allora gli ostacoli che impediscono a questi ultimi di approcciare all’innovazione?
Facciamo un passo indietro e cerchiamo prima di capire meglio cosa si intende per innovazione.
L’innovazione è una novità che modifica, spesso radicalmente, lo stato attuale delle cose, apportando un beneficio prima non esistente.
Quindi, l’innovazione può avere a che fare con la tecnologia, ma non necessariamente. Certo è che la digitalizzazione e l’avvento delle nuove tecnologie promuovono e facilitano il processo innovativo nelle imprese.
E se un tempo l’innovazione era un privilegio solo delle grandi imprese che potevano vantare grandi capitali da investire, col tempo e soprattutto grazie agli incentivi pubblici previsti dagli ultimi governi, anche per le imprese di piccole e medie dimensioni, si materializza la possibilità di innovare prodotti e processi.
La mancanza di risorse finanziarie interne da destinare agli investimenti in innovazione è infatti uno dei principali problemi per le imprese, in particolar modo per quelle di piccole dimensioni. Sono soprattutto queste che restando inermi nell’attuale scenario economico, rischiano di essere sopraffatte dalla concorrenza.
L’innovazione è un processo e all’interno dell’azienda va gestito come tale, combinando interventi sui principali asset: persone, processi e infrastruttura tecnologica, come previsto dal metodo Ristrutturazione IT.
Come riportato dai dati sopra analizzati, sono diverse le imprese che vorrebbero innovare, il cui istinto è però frenato anche dalla forte incertezza che caratterizza la domanda di mercato, di difficile previsione nel caso di un prodotto innovativo in virtù dell’assenza di dati storici da analizzare.
Non meno problematico è l’accesso ai finanziamenti pubblici e alle agevolazioni fiscali previste, che richiedono competenze specifiche da ricercare presso consulenti esterni.
L’offerta sul mercato di un prodotto innovativo è solo l’ultimo step di un processo articolato che vede l’innovazione scorrere prioritariamente all’interno dell’organizzazione. Non è possibile innovare senza una cultura aziendale ben consapevole dell’importanza di principi come la valorizzazione delle risorse umane e il miglioramento continuo.
Gli imprenditori spesso lamentano la carenza di competenze dei propri dipendenti piuttosto che l’inefficienza delle procedure interne o degli impianti di produzione, che rallentano inevitabilmente l’impresa nella corsa con la concorrenza.
Sicuramente la strategia vincente non prevede l’inettitudine, ma risiede nel combinare la capacità di valorizzare le risorse a disposizione con il coraggio di prendere atto prima e di sovvertire poi gli elementi di debolezza.
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