“Rivoluzione silente”, è così che molti definiscono l’impatto che l‘intelligenza artificiale sta producendo nel mondo. La pervasività di questa nuova tecnologia è nota agli occhi di tutti e, benché sia ormai inarrestabile la sua evoluzione, sono ancora tanti i timori che accumunano gran parte dell’opinione pubblica.
Molti settori come la finanza, il manifatturiero e la medicina stanno già beneficiando di una maggiore efficienza e produttività grazie all’impiego dall’IA. Altri stanno affrontando una profonda trasformazione, accompagnata da una necessaria riqualificazione delle figure professionali, con potenziale perdita di posti di lavoro tradizionali.
È infatti nel mercato del lavoro che l’IA ha mostrato il suo impatto più tangibile ed immediato. La capacità delle macchine di eseguire compiti sempre più complessi ha portato a profonde trasformazioni nelle dinamiche lavorative.
L’intelligenza artificiale genererà nuove opportunità professionali, soprattutto nei settori legati alla progettazione, allo sviluppo e alla gestione di sistemi di IA. Tuttavia, questa evoluzione tecnologica porterà inevitabilmente a una trasformazione radicale dei modelli lavorativi esistenti, con l’automazione progressiva di molte attività routinarie.
Anche il mondo delle imprese è diviso tra chi crede fortemente nelle potenzialità di questa tecnologia emergente e chi, invece, è ancora restio nel pensare che possa effettivamente generare dei vantaggi per il mondo del lavoro.
Una ricerca del World Economic Forum ha evidenziato che il 75% delle aziende dichiara di voler adottare l’intelligenza artificiale per ottimizzare i processi. Il 50% delle organizzazioni si aspetta che l’intelligenza artificiale crei nuovi posti di lavoro, mentre il 25% prevede che ciò creerà un aumento della disoccupazione.
Secondo i dati riportati nel report del WEF, il 19% della forza lavoro potrebbe avere oltre il 50% dei propri compiti automatizzati dall’IA che, allo stesso tempo, sarà creatrice netta di posti di lavoro nei prossimi cinque anni.
Lo “svuotamento” di posti di lavoro nelle aziende sarà compensato dalla richiesta di nuove figure professionali da impiegare, generando un risultato netto positivo. L’analisi dei big data, le tecnologie per il cambiamento climatico e la gestione ambientale, nonché la crittografia e la cybersecurity, dovrebbero essere i principali motori della crescita dell’occupazione.
Pertanto, mentre alcune professioni potrebbero essere automatizzate, emergono anche nuovi ruoli e settori che richiedono competenze specifiche nell’uso e nello sviluppo di tecnologie basate sull’IA, tra cui una serie di soft skill.
L’IA rivoluziona il lavoro: le 5 soft skill più richieste
L’IA ha ridefinito i confini tra uomo e macchina creando un nuovo equilibrio tra competenze umane e capacità algoritmiche.
Per sfruttare al meglio le potenzialità dell’IA, è fondamentale acquisire un nuovo set di competenze.
Tra le più richieste troviamo:
1. Pensiero critico
L’IA fornisce dati e informazioni, ma non sempre sono accurati o affidabili. È l’uomo che, attraverso il pensiero critico, deve interpretarli e valutarli. La scelta su come utilizzare queste informazioni spetta all’uomo.
2. Data literacy
L’alfabetizzazione dei dati, o data literacy, è una competenza fondamentale nell’era digitale. Essa va ben oltre la semplice capacità di utilizzare strumenti informatici per analizzare numeri e grafici. Essere data literate significa comprendere profondamente il significato dei dati, saperli interpretare nel contesto giusto e, soprattutto, saper comunicare i risultati delle proprie analisi in modo chiaro ed efficace. È come saper leggere un libro: non basta riconoscere le lettere, ma bisogna comprendere il senso delle parole, delle frasi e dell’intero testo.
3. Creatività
L’IA può automatizzare molte attività, ma la creatività rimane un’esclusiva umana. È fondamentale per ideare nuove applicazioni e risolvere problemi complessi applicando soluzioni non convenzionali.
4. Learning agility
Chi possiede questa abilità non si limita a imparare nuove cose, ma lo fa con rapidità, flessibilità e un approccio proattivo. Non si spaventa di fronte a situazioni nuove o complesse, anzi, le considera un’opportunità per crescere e migliorare. È una persona che sa adattarsi ai cambiamenti, che è curiosa e aperta a nuove idee, che è in grado di apprendere da errori e successi.
L’agilità nell’apprendimento non è una caratteristica innata, ma può essere sviluppata e rafforzata attraverso diverse strategie. Ad esempio, si può coltivare una mentalità aperta, cercando attivamente nuove esperienze e sfide. Si possono sviluppare capacità di problem solving e di pensiero critico, che permettono di affrontare situazioni nuove con un approccio strutturato. Si può investire nel proprio sviluppo professionale, partecipando a corsi di formazione, seminari e workshop.
In un mondo in cui il cambiamento è l’unica costante, l’agilità nell’apprendimento è una competenza che fa la differenza.
5. Empatia e intelligenza emotiva
L’empatia e l’intelligenza emotiva sono due qualità intrinsecamente umane che, sebbene non possano essere replicate integralmente dall’intelligenza artificiale, rimangono fondamentali nel mondo del lavoro e nelle nostre interazioni quotidiane.
L’empatia è la capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri. È come mettersi nei panni di un’altra persona, vedere il mondo attraverso i suoi occhi e sentire ciò che sente. Questa abilità serve a costruire relazioni significative, risolvere conflitti e collaborare con gli altri.
L’intelligenza emotiva, invece, è l’abilità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni e quelle degli altri. Chi possiede un’alta intelligenza emotiva è in grado di regolare le proprie emozioni, di motivare sé stesso e gli altri, di stabilire relazioni interpersonali positive.
Un leader empatico, ad esempio, è in grado di motivare i propri collaboratori, di creare un clima di lavoro positivo e di prendere decisioni che tengano conto delle esigenze di tutti. Un venditore empatico, invece, è più efficace nel costruire relazioni di fiducia con i clienti e nel soddisfare le loro esigenze.
Le competenze per lavorare con l’intelligenza artificiale vanno oltre le conoscenze tecniche. Sono necessarie competenze trasversali che ci permettano di mantenere l’elemento umano al centro dello sviluppo e dell’utilizzo di queste tecnologie, garantendo che l’IA sia uno strumento al servizio dell’uomo.
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